Agenzia di viaggi

by Lo zio Giorgio on 7 giugno 2010

Carlotta sta per partire per il suo viaggio di nozze, così oggi parlavo a mio padre di una cosuccia che mi è venuta in mente: che se rinasco, voglio aprire un’agenzia di viaggi.
Ma non un’agenzia di viaggi qualsiasi.
Non che sia malaccio la vita dell’agente di viaggi eh, si sta sempre in giro in lussuosi alberghi, in posti esotici a fare gli “educational”, che in sostanza sono dei meeting professionali per agenti di viaggio in cui si mangia si beve e si scopa come dei mandinghi, solo che boh, pensavo, che ti rimane alla fine di una vita così, uno spazzolino e qualche depliant?
No, pensavo a un’agenzia di viaggi nei ceti sociali.
Quanti uomini d’affari si saranno sentiti stanchi del peso e del rischio che comporta il loro lavoro, della responsabilità terrificante, stanchi di tutte quelle conversazioni vuote con persone vuote, noiose come se ne possono trovare solo nella doccia di un circolo del golf di questa nostra miserabile provincia italiana. E allora tac, entro in ballo io, e ti faccio passare un mese ad azionare le sbarre di un passaggio a livello rurale della rete ferroviaria svizzera. Pura, lenta, tranquilla routine, a riempirsi i polmoni di aria pulita, in solitudine e tranquillità, nessun vacuo broker e tanto tempo libero – fra un treno e l’altro – per leggere e studiare.
Oppure sei un impiegato del Comune? Hai voglia di cambiare aria? Di una sferzata di adrenalina, uno stacco netto dalla rassicurante quadratura tipica della vita da dipendente? Tac. Vieni nella mia agenzia di viaggi e io ti faccio passare tre settimane come agente per qualche artista di Hollywood, party incredibili con gente eccentrica, gli squali quelli veri, il brivido di una competizione implacabile, il Sunset Boulevard e tutto quanto.
O ancora: sei un uomo di marketing, e non ne puoi più di sentirti inutile, perchè alla fine dei conti sei l’unico essere che non produce un cazzo di niente? Ti aspetta una splendida azienda agricola in Nuova Zelanda, la vita del contadino, il vero retaggio dei nostri avi, ad estrarre con amore il cibo da Madre Terra. Pane. Vino. Il pio bove.
Mentre tornavo a casa ho pensato, che cretino che sono, che pazienza deve portare mio padre ad avere un figlio cazzone.
Chissà se si trova bene mio padre, lì dove è andato a stare. Penso di sì: i cimiteri sono rimasti una delle poche cose belline e accoglienti di questa nostra miserabile provincia italiana.
Altro che agenzie di viaggi.

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Andrea giugno 15, 2010 alle 21:23

E’ quello che ho fatto negli ultimi 9 anni, cambiando 14 lavori. Un saluto a te e a tuo padre, a cui auguro tutto il bene, lì dove è andato a stare.

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molecole luglio 29, 2010 alle 10:32

santo e assunto, subito.

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